Storia e significato dell’inno di Mameli

Storia e significato dell’inno di Mameli

Nel momento storico che stiamo attraversando (coronavirus – covid 19) ci stiamo riscoprendo terribilmente fragili e soli. Forse non ne eravamo consapevoli, ma gli italiani vivono di socialità.

Indipendentemente dalla fascia di età, noi italiani siamo socievoli ed estroversi. Amiamo spendere il nostro tempo libero con gli altri; passiamo molto tempo con vecchi e nuovi amici.

La nostra vita ruota attorno alla socialità, basti pensare per esempio che:

  • persone di ogni età vanno nei bar, nelle pizzerie o nei locali notturni per passare del tempo con i loro amici e divertirsi. I bar in Italia non sono solo per consumare alcolici; piuttosto sono come i cafe in altri paesi, veri e propri luoghi di aggregazione sociale;
  • i genitori a volte lasciano i figli a casa con i nonni o con una babysitter per uscire con i loro amici.
  • la domenica o il weekend si invitano amici a pranzo o a cena a casa nostra.
  • cerchiamo spesso situazioni in cui possiamo fare amicizia.

Tutte le nostre abitudini sono state ribaltate dalla diffusione del Covid-19.

Se volessimo però vedere l’aspetto positivo di tutta la vicenda, potremo raccontare di persone, uomini e donne, bambini e anziani, affacciate ai balconi per intonare le canzoni che hanno fatto la storia del nostro Belpaese. Quelle canzoni che hanno distinto l’Italia nel mondo e han fatto sì che la nostra cultura venisse apprezzata in ogni angolo del pianeta.

Ecco allora, di qui nasce l’idea di dedicare una rubrica settimanale alla riscoperta delle nostre radici più profonde, dalla musica, al teatro, dalla cucina alle tradizioni popolari.

Appuntiturismo in realtà nasce dal bisogno di fornire materiale didattico a coloro che si accingono a preparare l’esame di abilitazione a professioni turistiche, ma parlando con Walter e avendo convenuto che il turismo altro non è che l’insieme di tutte le risorse materiali ed immateriali di un Paese (e la cultura, con le sue mille sfumature, rientra appieno in detta definizione) si è pensato di fare qualcosa di utile in questo momento storico per sentirci più vicini.

Spesso non cogliamo la fortuna delle cose che ci circondano, guardiamo “l’erba del vicino” e non ci interessiamo a cogliere i frutti maturi della nostra terra, diamo per scontato le statistiche che ci dicono che siamo il quarto Paese più visitato al mondo e non ci meravigliamo che il turismo da sé fornisca il 10% del Pil.

Cifre lette e rilette talmente tante volte da non essere più meritevoli della nostra attenzione. Eppure, in un momento come questo, qualcosa ci spinge fuori al balcone di notte ad urlare il nostro orgoglio di essere italiani.

Mi sembra allora doveroso iniziare così…

Storia dell’inno nazionale

L’inno nazionale ha avuto una storia particolarmente travagliata. Innanzitutto, da annotare che il vero titolo dell’inno, ideato da Mameli e musicato da Michele Novaro nel 1847, èIl Canto degli italiani”.

Goffredo Mameli

Goffredo Mameli nasce a Genova nel 1827 in una famiglia aristocratica. Studente e poeta precocissimo, di sentimenti liberali e repubblicani, aderisce al mazzinianesimo nel 1847, l’anno in cui partecipa attivamente alle grandi manifestazioni genovesi per le riforme e compone Il Canto degli Italiani.

D’ora in poi, la vita del poeta-soldato sarà dedicata interamente alla causa italiana: nel marzo del 1848, a capo di 300 volontari, raggiunge Milano insorta, per poi combattere gli Austriaci sul Mincio col grado di capitano dei bersaglieri. Dopo l’armistizio Salasco, torna a Genova, collabora con Garibaldi e, in novembre, raggiunge Roma dove, il 9 febbraio 1849, viene proclamata la Repubblica.

Nonostante la febbre, è sempre in prima linea nella difesa della città assediata dai Francesi: il 3 giugno è ferito alla gamba sinistra, che dovrà essere amputata per la sopraggiunta cancrena. Muore d’infezione il 6 luglio.  Le sue spoglie riposano nel Mausoleo Ossario del Gianicolo.

Il Rirsorgimento

Il debutto dell’inno avviene il 10 dicembre 1847 a Genova, sull’ampio piazzale del santuario della Nostra Signora di Loreto, in occasione di una commemorazione della rivolta del quartiere genovese di Portoria contro gli occupanti asburgici durante la guerra di successione austriaca.

L’inno raggiunge una grande notorietà nel Risorgimento: è infatti cantato in occasione delle Cinque giornate di Milano, per la promulgazione dello Statuto Albertino e per celebrare la nascita della Repubblica Romana di Giuseppe Mazzini.

All’indomani dell’Unità d’Italia, il Canto degli Italiani fu sostituito dalla “marcia reale” dei Savoia (del resto, Fratelli d’Italia, di chiara connotazione repubblicana, mal si conciliava con l’esito del Risorgimento, che fu di stampo monarchico) fino alla nascita della Repubblica, nel 1946;

Una data che merita di essere menzionata è il 1862: Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni, che fu composto per l’Esposizione Universale di Londra, affidò al Canto degli Italiani (e non alla Marcia Reale) la funzione di rappresentare l’Italia, autorevole segnale del fatto che non tutti gli italiani individuavano nella Marcia Reale l’inno che esprimeva meglio il sentimento di unità nazionale. Di conseguenza, il Canto degli Italiani, in questa occasione, fu suonato insieme a God Save the Queen e alla Marsigliese;

Dalle guerre mondiali ai giorni nostri

Durante il primo conflitto bellico, l’Inno di Mameli continuava ad esser cantato al fronte dai soldati insieme ad altri Canti che richiamavano all’azione e al patriottismo;

Da registrare che, sotto il regime fascista, l’inno venne relegato ai margini della società poiché la propaganda di allora “preferiva” canti legati a ben altra rivoluzione.

Nel secondo dopoguerra, Il Canto degli Italiani , insieme agli altri canti risorgimentali e alle canzoni partigiane, tornò a riecheggiare nell’Italia meridionale liberata dagli alleati e nelle zone controllate dai partigiani. Il Canto degli Italiani, in particolare, ebbe un buon successo negli ambienti antifascisti, dove si affiancò alle canzoni partigiane.

Alcuni studiosi reputano che il successo del brano negli ambienti antifascisti sia stato poi determinante per la sua scelta a inno provvisorio della Repubblica Italiana.

Il 12 ottobre 1946 l’Italia adotta provvisoriamente l’Inno di Mameli su iniziativa del Ministro della Guerra Cipriano Facchinetti, che propone anche di inserirlo in Costituzione. Purtroppo i diversi partiti non arrivano mai a un accordo.

L’ufficializzazione dell’Inno di Mameli arriva dopo molti anni e dopo vari tentativi da parte delle diverse legislature: nel 2012 è promulgata una legge che prevede che l’Inno di Mameli sia insegnato nelle scuole, al fine di promuovere il senso di cittadinanza tra gli studenti.

Il 15 novembre 2017, dopo 71 anni di provvisorietà, “Il Canto degli Italiani” diventa ufficialmente l’Inno della Repubblica Italiana.

Significato Inno di Mameli

Ognuno di noi, nelle settimane scorse, ha intonato almeno una volta fuori al balcone l’Inno di Mameli. Ma quanti di noi comprendono appieno il senso delle parole che lo compongono?

Ecco allora, se ci soffermassimo sul significato profondo di ogni singola parola forse apprezzeremo maggiormente il nostro Paese, la nostra storia, il nostro ordinamento giuridico. Qui riporto alcune strofe tra le più significative:

Fratelli d’Italia

L’Italia s’è desta,

Dell’elmo di Scipio

S’è cinta la testa.

Publio Cornelio Scipione, detto l’Africano (253-183 a. C.), fu il generale e uomo politico romano vincitore dei Cartaginesi e di Annibale nel 202 a. C. a Zama (attuale Algeria); la battaglia decretò la fine della seconda guerra punica, con la schiacciante vittoria dei Romani.

L’Italia, ormai pronta alla guerra d’indipendenza dall’Austria, si cinge figurativamente la testa dell’elmo di Scipione come richiamo metaforico alle gesta eroiche e valorose degli antichi Romani.

Dov’è la Vittoria?

Le porga la chioma,

Ché schiava di Roma

Iddio la creò.

Si riferisce all’uso antico di tagliare i capelli alle schiave per distinguerle dalle donne libere; queste ultime, per sottolineare il loro stato, erano solite tenere i capelli lunghi.

La dea Vittoria rappresentata come una donna dai lunghi capelli, dovrebbe quindi porgere la chioma perché le venga tagliata in segno di sottomissione a Roma.

 

Stringiamoci a coorte

Siam pronti alla morte

L’Italia chiamò.

 

La coorte era un’unità da combattimento dell’esercito romano, composta da 600 uomini: “Stringiamoci a coorte” vuole dunque essere un’esortazione a presentarsi senza indugio alle armi, a rimanere uniti e compatti, disposti a morire, per la liberazione dall’oppressore straniero.

 

Noi siamo da secoli

Calpesti, derisi,

Perché non siam popolo,

Perché siam divisi.

Raccolgaci un’unica

Bandiera, una speme:

Di fonderci insieme

Già l’ora suonò.

Stringiamoci a coorte

Siam pronti alla morte

L’Italia chiamò.

 

Si tratta di un richiamo al desiderio di raccogliersi sotto un’unica bandiera: speranza (speme) di unità e di ideali condivisi per un’Italia, quella del 1848, ancora divisa in sette Stati (Regno delle due Sicilie, Stato Pontificio, Regno di Sardegna, Granducato di Toscana, Regno Lombardo-Veneto, Ducato di Parma, Ducato di Modena).

Museo del Risorgimento e manoscritto dell’inno

Il Canto degli Italiani deve tanto alla città di Genova. Fu qui infatti che l’Inno prese forma e voce, per la prima volta.

Se avete la curiosità di osservare dal vivo il manoscritto del Canto degli italiani, vi suggerisco di recarvi presso il Museo del Risorgimento di Genova e Casa Mazziniana. Io ho avuto la fortuna di visitarlo recentemente e, credetemi, è meravigliosamente bello circondarsi della propria cultura.

Nell’archivio del Museo sono conservati oltre 600 manoscritti su personaggi ed associazioni rappresentativi del movimento democratico mazziniano. La biblioteca ospita invece oltre 40.000 tra libri, opuscoli storici, giornali, oltre a 35.000 unità provenienti dalla raccolta della Biblioteca popolare Giuseppe Mazzini.

Il percorso cronologico va ad intrecciarsi con momenti di approfondimento su particolari temi e personaggi, come nel casoManifesto Seconda Guerra Mondiale   di particolare suggestione e ricchezza informativa – del quadro di Tetar van Elven che illustra i momenti immediatamente precedenti la partenza della spedizione dei Mille dallo scoglio di Quarto nella notte fra il 5 ed il 6 maggio del 1860.


Come avrai capito, l’idea della rubrica è totalmente nuova. Ci piacerebbe portarla avanti e integrarla di nuovi contenuti; per fare ciò, chiediamo il supporto di tutti i nostri lettori.

Scrivi nei commenti quali tematiche relative alla nostra cultura ti piacerebbero venissero approfondite nei prossimi articoli; possono anche riguardare la comunità in cui sei nato e cresciuto. Ricorda: non vi sono temi banali! Attendo vostri utilissimi consigli.

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Silvia Galasso

Mi chiamo Silvia, lavoro nel settore turistico da più di 10 anni e da un anno sono diventata Socia dell'Aiptoc (Associazione Italiana Professionisti del turismo Culturale). Credo che il viaggio sia la metafora della nostra vita: ogni persona che incontri e ogni luogo che visiti, diventano un tassello imprendiscibile della tua anima.
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2 pensieri su “Storia e significato dell’inno di Mameli

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