Aceto balsamico: una storia millenaria raccontata da chi lo produce

Una delle tradizioni più antiche, anzi millenaria, del complesso patrimonio gastronomico italiano, è
quella dell’aceto balsamico.
Ho cercato di raccogliere qualche segreto direttamente dalla voce di un’addetta ai lavori.
Intervista a Mariangela Montanari
Nei giorni scorsi ho intervistato telefonicamente la titolare ed erede di una storica acetaia di Vignola (Mo) in cui viene prodotto il balsamico tradizionale di Modena secondo il solo ed unico procedimento che porta a questo nettare prezioso.
Mariangela Montanari de La Cà dal Non ci ha svelato tanti particolari e tanta storia.
Da dove nasce questa millenaria tradizione?
La storia ufficiale del balsamico tradizionale non è una sola ma si compone di tante storie quanti sono i suoi produttori che da generazioni si appassionano alla sua creazione.
La mia storia con il balsamico tradizionale inizia con il bisnonno che avvia la sua prima batteria di botticelle destinata al consumo quotidiano per la sua famigli. A seguire mio padre ha continuato a curare il lavoro: nel frattempo le batterie erano diventate cinque ed altre ne furono aggiunte. I miei primi ricordi “all’aceto” risalgono a quando ero bambina e mi divertivo a salire in soffitta a verificare la mia batteria di aceto.
L’antica tradizione modenese, prevedeva di avviare una batteria di balsamico per le bambine di casa e di lasciare la batteria in dote alle bambine stesse.Tornando alla storia ufficiale, è impossibile individuare una data di nascita per il balsamico tradizionale.
L’unica certezza che abbiamo è l’ingrediente del balsamico tradizionale: il mosto di uva cotto
che naturalmente fermenta, acetifica e viene invecchiato per lunghi anni, tramite una tecnica particolare, in serie di botticelle.
Come si è evoluta l’elaborazione del mosto cotto fino ad arrivare al balsamico?
Gli antichi romani già producevano mosto d’uva cotto, chiamandolo Saba, uno dei più antichi dolcificanti conosciuti in natura. Trattasi di mosto di uva lungamente cotto a fuoco diretto e a vaso aperto, portato alla consistenza di una melassa liquida che era utilizzato parallelamente al miele per dolcificare.
L’ipotesi più accreditata sull’evoluzione del balsamico si riconduce ad una casualità: una
produzione di saba, forse meno cotta del normale, ha iniziato uno spontaneo processo di fermentazione e successiva acetificazione.
Nei secoli questo processo casuale è stato trasformato in un preciso processo di invecchiamento in botticelle di volume decrescente.
Perchè e quando Modena è diventata il centro dell’aceto balsamico, eccellenza del Made in Italy?
Le prime tracce scritte di un “aceto particolarissimo” prodotto nelle zone tra Modena e Reggio Emilia, si trovano a partire dal XII secolo d.c; successivamente, a partire dal XVI secolo questo “aceto particolarissimo” inizia ad essere chiamato “aceto alla modenese”.
Si deve attendere il 1747, per vedere comparire l’appellativo “balsamico” nei registri del palazzo Ducale di Modena, dove aveva sede la più prestigiosa acetaia del tempo.
Cosa distingue l’Aceto Balsamico tradizionale di Modena, dal Balsamico di Modena e altri “condimenti balsamici”?
Quando parliamo di balsamico, ci viene immediatamente in mente un aceto di colore scuro dal sapore agrodolce.
Nei nostri supermercati e sulle nostre tavole troviamo ormai tanti tipi di aceto balsamico, di varie densità e di vario prezzo per cui cerchiamo di mettere un po’ di ordine alle idee!
Sul mercato si trovano tre prodotti con il nome “balsamico” con certificazione DOP o IGP:
- Aceto balsamico di Modena IGP: la tipologia più diffusa, prodotto in grandissima quantità.
Il sapore agrodolce si crea dall’unione di aceto di vino (sapore agro) con mosto di uva cotto o concentrato (parte dolce); eventualmente viene aggiunto del caramello per stabilizzarne il colore.
La miscela di questi ingredienti trascorre almeno 60 giorni in una botte di volume non definito.
Questo aceto si può produrre nelle province più legate a questa tradizione quali Modena e Reggio
Emilia: il disciplinare di produzione definisce le tipologie di uve dalle quali si possono ottenere le
materie prime, ma non la loro provenienza geografica.
- Aceto balsamico tradizionale di Modena:prodotto in quantità limitatissime.L’unico ingrediente del balsamico tradizionale è il mosto di uva cotto di uve tipiche
modenesi coltivate a Modena e provincia in vigneti iscritti per la certificazione della DOP.
Il Balsamico tradizionale si ottiene per naturale fermentazione e acetificazione del mosto di uva cotto e successivo lunghissimo invecchiamento in serie di botticelle di legni diversi, e volume decrescente. La tecnica prevede travasi e rincalzi annuali.
Il Balsamico Tradizionale più giovane che possiamo acquistare deve essere invecchiato almeno 12 anni, mentre il prodotto denominato “extra vecchio” deve essere invecchiato per almeno 25 anni.
Il tradizionale di Modena si trova in commercio nella sua caratteristica bottiglie da 100ml l’unica prevista di legge per tutti i produttori.
Questo tipo di invecchiamento trasforma negli anni il mosto di uva cotto, dolce e fruttato, in un prodotto con più consistente, persistente al palato, dove dolce ed acido son ben equilibrati. Un vero e proprio profumo per i nostri piatti.
Vi regalo una piccola curiosità sul Balsamico tradizionale di Modena: le batterie di tradizionale sonoposte nelle soffitte e sono aperte in sommità e coperte solo con una pezzuola di tessuto naturalelino o cotone. Anticamente le botticelle si chiudevano con un sasso.
Gli altri prodotti denominati condimenti balsamici / creme balsamiche sono prodotti non riconducibili a nessuna delle tipologie descritte sopra.
Possono essere prodotti creati con specifiche ricette dalle aziende produttrici perché non seguono
alcun disciplinare ufficiale. L’unico modo per avere un’idea del prodotto è leggere gli ingredienti ed
assaggiare.
Per riconoscere un tradizionale cercate la sua bottiglia caratteristica di legge da 100ml e ricordate che l’ingrediente è sempre solo uno: mosto di uva cotto.
Qual è la differenza tra Aceto Balsamico Tradizionale di Modena e quello di ReggioEmilia?
Ho citato anche Reggio Emilia, perché anche in questa provincia confinante con quella modenese si produce l’aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia DOP. Anch’esso in quantità limitatissime e nasce dalla stessa tradizione e tecnica produttiva del tradizionale di Modena ma con le uve prodotte nei territori reggiani.
Ha caratteristiche organolettiche analoghe al tradizionale di Modena, lo si trova anch’esso in bottiglie da 100ml, uniche di legge ma con una forma diversa e ben riconoscibile da quella di Modena.
Inoltre si differenziano nella suddivisione in tre diversi livelli di invecchiamento:
- etichetta aragosta – invecchiato almeno 12 anni ma meno persistente e denso rispetto all’argento
- etichetta argento – invecchiato almeno 12 anni
- etichetta oro – extra vecchio invecchiato almeno 25 anni.
Come si crea e inizia la batteria? (tempi medi per aver una prima partita di bottiglie)
La produzione del balsamico tradizionale richiede tempo, ti abitua alla pazienza ed alla cura.
Come dico sempre, “il balsamico tradizionale non è un prodotto nato per essere commercializzato. Il
prodotto tradizionale nasce nelle famiglie e solo alla fine degli anni ’80 fa capolino timidamente nel
mondo del commercio”
Il tempo di produzione del balsamico tradizionale è lunghissimo. Il mosto di uva cotto naturalmente fermentato ed acetificato invecchia in serie di botticelle di legno diverso e volume decrescente, detta batteria.
Le botticelle di una batteria vengono avviate tutte insieme, questo significa che tutte le botticelle
vengono inizialmente riempite parzialmente con mosto cotto.
Ogni anno nella stagione fredda si ripete il rito del travaso e del rincalzo: queste operazioni ripetuteanno dopo anno generano l’invecchiamento al prodotto.
Vi spiego meglio questi due processi:
- Travasare vuol dire rabboccare la botticella più piccola della serie con parte del liquido della botticella immediatamente precedente in dimensione, e così si prosegue dalla botticella più piccola fino alla botticella più grande.
- Il Rincalzo invece si fa solo nella botticella più grande: si aggiunge mosto cotto dell’autunno precedente. Ogni anno si ripete.
Il mosto cotto dolce e fruttato via via si trasforma nelle botticelle e negli anni l’aceto delle botticelle piùpiccole diventa sempre più “corposo” e dal gusto persistente, l’acidità aumenta si bilancia con il saporepiù dolciastro del mosto cotto iniziale.
Dopo almeno 12 anni di queste operazioni si può iniziare a prelevare una piccola parte di prodotto finito dalla botticella piu piccola della serie.Mai vuotarla! Si perderebbe la memoria organolettica dei travasi e dei rincalzi fatti nel tempo.
La produzione può proseguire all’infinito, non esiste un’età massima di invecchiamento del
prodotto.
I tradizionali si possono commercializzare con due età di invecchiamento, ma mai meno di 12 anni per
i più giovani e gli extra vecchi hanno almeno 25 anni di invecchiamento.
Qualche Curiosità e Ricetta….
In purezza, è come un profumo. Per apprezzarne il suo gusto aromatico si possono mettere poche gocce su di un cucchiaino, comeaperitivo o digestivo.
In gocce si abbina perfettamente su parmigiano reggiano, pecorino o altri gustosi formaggi.
Può essere una nota aromatica sui risotti, la carne, i gamberetti prima di servirli in tavola.
Grazie alle sue note dolci si esalta anche su di una macedonia di fragole o di ciliegie; il gelato allo zabaione o alla crema con qualche goccia di aceto balsamico sono dessert semplici
ma dal gusto speciale.
Spero che questa precisa e curiosa storia di uno dei nettari più pregiati, gustosi e unici al mondo vi abbia incuriosito e magari un giorno vi unirete a me per conoscere di persona la nostra Mariangela Montanari ma soprattutto per gustare il vero Aceto Balsamico Tradizionale.
Vi garantisco che ne diventerete piacevolmente dipendenti!
Vi do appuntamento alla prossima puntata della rubrica “Alla riscoperta della nostra italianità” .
Suggerisci nei commenti l’argomento da trattare nel prossimo articolo di questo spazio dedicato alla storia e alle tradizioni del Belpaese.
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